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In questo episodio esploriamo il mondo degli hacker cinesi legati allo Stato: operazioni di spionaggio, attacchi informatici, controllo digitale. Quanto di ciò che fai online è davvero sicuro? Scopri come agiscono gruppi come APT41 e le tecniche di intrusione che stanno ridefinendo il concetto stesso di cybersicurezza globale.
Non si tratta solo di hacker, ma di strategie invisibili in grado di alterare equilibri economici, sociali e geopolitici.
🔎 Fonti, curiosità e ipotesi si intrecciano in questa indagine... che lascia aperte molte domande.
👉 Se ti piacciono queste storie ai confini tra realtà, tecnologia e mistero…
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Chi controlla il potere digitale?
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Il silenzio digitale è un'illusione
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pericolosa.
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Dietro la facciata di una rete globale
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interconnessa, qualcosa si muove con una
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precisione inquietante, orchestrata da
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mani che operano al di fuori della
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nostra comprensione immediata. L'ipotesi
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è semplice e terrificante. Reti di
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controllo digitale, abilmente costruite
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e mantenute operano sotto la guida di
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governi stranieri e tra questi la Cina
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emerge con una forza e una complessità
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che richiedono un'analisi senza
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compromessi.
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Non si tratta di speculazioni
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fantascientifiche, ma di un crescente
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corpo di prove che suggerisce che molte
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delle nostre infrastrutture
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informatiche, i pilastri della nostra
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vita moderna, siano già state violate o
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peggio ancora compromesse.
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La questione non è se qualcuno stia
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spiando, ma chi e con quali intenzioni
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precise.
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All'interno di questo panorama
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complesso, alcuni gruppi di AK si
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distinguono per la loro natura
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governativa, sponsorizzati e gestiti
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direttamente da apparati statali.
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Iniziamo con API T41. noto anche come
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Double Dragon, un'entità particolarmente
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sfuggente. Operano su più fronti,
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svolgono attività di intelligence per
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conto del governo cinese, ma anche
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perseguono interessi personali,
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sfruttando le falle della sicurezza
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informatica per guadagni finanziari. La
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loro capacità di adattamento e la loro
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persistenza li rendono una minaccia
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costante. Poi ci sono APT31 e APT40
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direttamente legati al Ministero per la
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Sicurezza di Stato Cinese o all'esercito
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popolare di liberazione. Questi gruppi
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non agiscono come entità autonome, ma
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come estensioni operative di strutture
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governative incaricate di svolgere
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compiti specifici che vanno dallo
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spionaggio industriale alla raccolta di
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intelligence strategica. La loro forza
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risiede nella completa fiducia e nel
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supporto che ricevono dalle gerarchie
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militari e politiche.
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E poi ci sono le unità specializzate,
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l'unità 61398 e l'unità 61486,
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entrambe conosciute per i loro attacchi
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sistemici su larga scala e per il loro
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ruolo nello spionaggio industriale.
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Queste unità non si limitano a cercare
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vulnerabilità, ma progettano e
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implementano attacchi mirati con un
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livello di sofisticazione che mette in
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discussione la capacità di difesa delle
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nostre industrie più importanti.
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Le conseguenze di queste operazioni sono
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concrete e documentate. Abbiamo
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assistito ad attacchi contro agenzie
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americane, alla distruzione dei database
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di aziende taiwanesi specializzate nella
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produzione di semiconduttori e a
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intrusioni nei ministeri governativi
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europei. Questi non sono semplici atti
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di hacking, sono campagne orgestrate con
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uno scopo preciso: destabilizzare,
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sottrarre informazioni strategiche e
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minare la fiducia nelle istituzioni
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occidentali.
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Recentemente è emersa una svolta
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significativa. Sono stati arrestati in
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Europa membri di questi gruppi criminali
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informatici, inclusi Shu Zway, un
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individuo legato al gruppo Afnium. Il
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caso di Shuzwe, insieme ad altri arresti
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in diversi paesi occidentali, evidenzia
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la realtà di questa minaccia, anche se
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spesso relegata ai margini
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dell'attenzione mediatica. Questi
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individui operano con risorse
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significative e una capacità di eludere
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le forze dell'ordine che è allarmante,
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ma l'immagine del cyber crime si fa
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ancora più complessa quando si analizza
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il panorama interno cinese. Documenti
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interni, licioni riservate provenienti
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da aziende che lavorano per il governo
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rivelano un quadro preoccupante, un
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sistema caotico, corrotto e in parte
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fuori controllo. Nel caso del LIC di
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ISU, ad esempio, abbiamo visto
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un'azienda che gestiva sistemi di
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sicurezza informatica con una mancanza
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di professionalità e trasparenza che
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solleva interrogativi sulla reale
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capacità della Cina di controllare le
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proprie risorse digitali. Questo porta a
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considerare la transizione storica dagli
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hunkers, gli hacker patriotici cinesi
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nati negli anni 2000 alle attuali cyber
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unit professionali. La struttura si è
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evoluta in un sistema ibrido, pubblico
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privato, sfruttando le competenze dei
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talenti informatici cinesi all'interno
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di aziende private sotto il controllo
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diretto dello Stato. Questo modello
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offre una flessibilità e una capacità di
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adattamento che rendono questi gruppi
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ancora più difficili da contrastare.
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La domanda cruciale che emerge da questa
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analisi è se la Cyber War sia già
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iniziata e se lo sia, siamo spettatori
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inconsapevoli di un conflitto silente e
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devastante. I governi occidentali sono
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compromessi? Quanto dell'infrastruttura
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globale digitale è sotto il controllo
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invisibile di attori statali come quelli
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descritti? Non offriamo giudizi o
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valutazioni, non prendiamo posizione, ci
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limitiamo a presentare i fatti, le
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citazioni e le connessioni tra gli
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eventi. L'obiettivo non è accusare, ma
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comprendere la portata della minaccia
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che si nasconde dietro le nostre reti
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digitali. La verità è che non possiamo
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ignorare questa realtà. La chiusura di
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questo quadro ambivalente lascia aperte
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infinite possibilità: un controllo
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consolidato, una propaganda sofisticata
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o una prevenzione efficace. Il futuro
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del potere digitale dipende dalla nostra
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capacità di affrontare queste domande
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con lucidità e senza illusioni.
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Se ti è piaciuto questo viaggio nel
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mistero, lascia un like, condividilo con
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La domanda cruciale che emerge da questa
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analisi è se la Cyber War sia già
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iniziata e se lo sia. Siamo spettatori
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inconsapevoli di un conflitto silenzioso
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e devastante. I governi occidentali sono
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stati compromessi? Quanto
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dell'infrastruttura globale digitale è
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sotto il controllo invisibile di attori
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statali come quelli descritti? La verità
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è che non possiamo ignorare questa
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realtà. La chiusura di questo quadro
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ambivalente lascia aperte infinite
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possibilità: un controllo consolidato,
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una propaganda sofisticata o una
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prevenzione efficace. Il futuro del
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potere digitale dipende dalla nostra
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capacità di affrontare queste domande
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con lucidità e senza illusioni. Ma per
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rispondere a queste interrogativi
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dobbiamo ripercorrere un cammino
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tortuoso che inizia con le prime
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operazioni informatiche della Repubblica
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Popolare Cinese. All'inizio degli anni
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90, sotto la guida del generale Da Bing,
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l'esercito cinese aveva già avviato
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progetti segreti di guerra elettronica e
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cybersorveglianza
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in risposta alle mina percepite da Stati
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Uniti e Unione Sovietica. Il contesto
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era quello della guerra fredda, un'epoca
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di competizione ideologica e militare
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globale. Ma l'obiettivo non era solo la
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difesa, bensì l'acquisizione di
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tecnologie avanzate e la creazione di
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una forza informatica superiore. Questi
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primi sforzi si concentrarono sulla
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contrapposizione a sistemi di
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comunicazione militari americani e
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sull'analisi dei loro protocolli. Gli
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ingegneri e i programmatori cinesi,
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spesso provenienti da università
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prestigiose come Zingua e Beyhang,
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venivano addestrati in segreto per
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decifrare codici, intercettare
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comunicazioni e sviluppare contromisure.
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Questo era un esercizio di intelligence
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strategica, un tentativo di anticipare
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le mosse del nemico e di acquisire il
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controllo delle informazioni. La caduta
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del muro di Berlino nel 1989 segnò una
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svolta cruciale. L'apertura della Cina
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al mondo esterno portò con sé non solo
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investimenti stranieri, ma anche un
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afflusso di talenti informatici. Molti
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giovani cinesi, attratti dalle
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opportunità offerte dall'economia di
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mercato in crescita, iniziarono a
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lavorare per aziende tecnologiche
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straniere, acquisendo competenze
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avanzate in settori come la sicurezza
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informatica, il cloud computing e
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l'intelligenza artificiale. Questo
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fenomeno fu però presto sfruttato dal
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governo cinese. Le cyber Unit
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professionali, inizialmente create
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nell'esercito, vennero integrate nel
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controllo del Ministero
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dell'Informazione e della Sicurezza
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Informatica, un'agenzia governativa con
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ampi poteri di sorveglianza e censura.
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L'obiettivo era di reclutare questi
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talenti informatici per la loro patria,
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offrendo loro stipendi elevati e
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opportunità di carriera all'interno di
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aziende private, ma sempre sotto il
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controllo diretto dello Stato. Questo
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modello si è rivelato estremamente
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efficace. Le aziende private come
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Huawei, Tencent e Alibaba sono diventate
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un motore di innovazione tecnologica in
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Cina, ma allo stesso tempo hanno fornito
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al governo cinese una rete di accesso
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alle reti digitali globali. Queste
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aziende, grazie alla loro posizione
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dominante nel mercato cinese, possono
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influenzare le decisioni politiche e
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strategiche del paese e allo stesso
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tempo possono essere utilizzate per
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raccogliere informazioni su individui e
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organizzazioni considerate minacce per
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la sicurezza nazionale. La questione
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della sicurezza informatica è diventata
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quindi un elemento centrale della
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politica estera cinese. Il governo
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cinese ha sostenuto attivamente lo
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sviluppo di tecnologie di
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cybersorveglianza, come il
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riconoscimento facciale e l'analisi dei
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big data e le ha esportate in altri
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paesi, spesso senza la necessaria
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trasparenza o consenso delle autorità
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locali. Ma non è solo la Cina a giocare
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questo ruolo. Anche altri stati come
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Russia, Iran e Corea del Nord hanno
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sviluppato capacità informatiche
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avanzate e le utilizzano per condurre
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attacchi cyber contro infrastrutture
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critiche, sistemi governativi e aziende
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private in tutto il mondo. Gli attacchi
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di NUTpetia nel 2017, che ha causato
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miliardi di dollari di danni a livello
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globale, sono stati attribuiti al
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Cremlino, mentre gli HC del governo
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sudcoreano nel 2013 hanno avuto lo scopo
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di sabotare il sistema di difesa
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missilistico del paese. La complessità
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della situazione è amplificata dal ruolo
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delle organizzazioni criminali
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informatiche. Queste organizzazioni,
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spesso basate in paesi con normative
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sulla sicurezza informatica più
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permissive, si specializzano in attività
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come il furto di dati, la frode online e
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gli attacchi ransomware. Spesso
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collaborano con governi stranieri per
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condurre operazioni di spionaggio o
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sabotaggio. Analizzare queste diverse
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forze in gioco è essenziale per
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comprendere la reale portata della
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minaccia che si annida dietro le nostre
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reti digitali. Non possiamo
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semplicemente attribuire tutti gli
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attacchi informatici ad un singolo paese
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o ad un singolo gruppo criminale. La
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Cyber War è una guerra complessa,
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multiforme e in continua evoluzione, in
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cui diversi attori statali e non statali
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competono per il controllo delle
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informazioni e delle risorse digitali.
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La scelta, quindi, è quella di
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sviluppare strategie efficaci per
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proteggere le nostre infrastrutture
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critiche, i nostri sistemi governativi e
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i nostri dati personali da questi
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attacchi. Questo richiede una
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cooperazione internazionale senza
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precedenti tra governi, aziende
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tecnologiche e istituzioni accademiche.
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È necessario investire in ricerca e
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sviluppo nel campo della sicurezza
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informatica, sviluppare standard di
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sicurezza condivisi e promuovere la
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consapevolezza dei rischi online. Ma
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soprattutto è necessario affrontare le
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cause profonde del conflitto. La
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competizione per il potere e le risorse
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tra stati, la proliferazione delle armi
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informatiche e la mancanza di
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trasparenza e responsabilità nel cybers
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spazio sono tutti i fattori che
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contribuiscono all'escalation della
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cyber war.
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Riconoscere l'esistenza di questa
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minaccia non significa cadere in un
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clima di paura e sospetto, significa
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semplicemente essere consapevoli dei
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rischi e adottare misure per proteggerci
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da essi. Significa anche promuovere il
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dialogo e la cooperazione tra le nazioni
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al fine di costruire un cyberspazio più
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sicuro e stabile. Se ti è piaciuto
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